LA COMITIVA DEL COLONNELLO CARUSO

di Luisa Sangiuolo

da: "Il Brigantaggio nella Provincia di Benevento 1860-1880" De Martino, Benevento, 1975

Dopo la capitolazione di Gaeta, Michele Caruso da Torremaggiore viene avvicinato da emissari borbonici che lo guadagnano alla loro causa, affidandogli un incarico di notevole responsabilità: costituire ed organizzare bande reazionarie nelle tre province di Foggia, Benevento e Campobasso.……………………………………….. Il 28 (28 Luglio 1862) seguente,allo scopo di raccogliere vettovaglie, con 39 uomini invade Ginestra degli Schiavoni e nel mentre suscita tra i contadini una dimostrazione antigovernativa, obbliga ben 115 famiglie a dare un contributo in natura o in contanti. Lo ritroviamo nel villaggio di Corsano. Qui mentre è intento a fumare la pipa sulla porta di un casolare, lo attacca il Capitano Cartacci della 4a compagnia del 18° bersaglieri (9). Muoiono 15 briganti, gli altri a stento si salvano inseguiti dai bersaglieri. Direzione della comitiva Cercemaggiore.

9) Il De Blasio localizza questo episodio a Corsano provincia di Lecce. Trattasi invece di Corsano attualmente frazione di Montecalvo Irpino, provincia di Avellino, distante da Benevento circa 30 Km. e da Montecalvo 5 Km. Cfr. il Giornale Officiale di Napoli ~ 203 del 4 settembre 1862 per la masseria Capriata in Corsano indicata come vicina a Benevento. La data va anticipata almeno di 2 giorni in quanto la notizia è riportata dal Giornale Officiale di Napoli il 4 settembre 1862.

I 64 individui che la compongono, non possono passare inosservati e i carabinieri di S. Croce di Morcone mettono sull'avviso venti soldati del 45° di linea. Nel conflitto a fuoco, Caruso perde sei uomini tra cui l'amato luogotenente Caporal Antonio (10). Non è prudente andare allo scoperto, perciò incarica Carlo Fusco di esplorare la zona all'intorno. Appiattato dietro un macigno, lo vede prigioniero dei soldati e ne segue con lo sguardo che punta lontano, finanche la fucilazione (11). Il Capitano Rota con un drappello di 37 soldati del 37° Fanteria è spedito da S. Croce di Magliano; gli si aggregano cinquanta Guardie Nazionali e due carabinieri. I pastori fanno del loro meglio per dissuadere il capitano Rota dal combattimento. Caruso si è sveltamente riunito a tre capibanda: Nunzio Cerrefacchio, Cascione e Fioriti. Non sono creduti e come pensavano, è un disastro. Di contro a duecento banditi, muoiono 23 militi, altri undici sono fatti prigionieri (12). I successi di Caruso fanno nuovi proseliti; egli può contare su un effettivo di 300 uomini con cui irrompe in S. Severo, S. Paolo e di nuovo in S. Croce dì Magliano, fino a dicembre. Durante gennaio - febbraio 1863 si dà da fare per requisire cavalli; per sua disposizione fa sequestrare il 12 febbraio a Molinara Rocco Longo che viene portato nel bosco di S. Croce di Morcone ed è obbligato a scrivere in questi termini: "Caro padre, se brami rivedermi è necessario mandarmi subito duemila ducati se no ci rivediamo all'altro mondo. Così ti fa dire il Colonnello Caruso tuo figlio Rocco" Le Autorità persuadono il genitore a non piegarsi alla violenza. Conclusione; Caruso che per nessun motivo e solo per provare la polvere, spara ed uccide pacifici contadini, per una di quelle imprevedibilità di decisioni, rispedisce Rocco Longo a Molinara, sia pure dopo avergli mozzato i padiglioni delle orecchie. Costituirà per Molinara, a suo dire, un ricordo vivo del Colonnello Caruso ed un attestato della sua pietà per avergli fatto grazia della vita. Alla fine del mese, il giorno 27 a mezzanotte circa, circonda la masseria di don Carlo Colatruglio a San Bartolomeo in Galdo. Mentre tra i suoi, i fratelli Santucci e Angelo Polizzi si danno da fare per macellare due montoni, Sciortino ad allestire lo spiedo ed il fuoco per cuocerli, spedisce il terrorizzato Francesco brillo custode della casa dal proprietario con la lista delle richieste. Il trafelato Fiorillo sveglia don Luca. "Padrone, nel cuore della notte abbiamo avuto la Provvidenza... Il Colonnello chiede porzioni di pane vino e salecicio per 300 persone, pacchi di sigari e 10 bottiglie di rosolio. E' alla masseria pronto a bruciarla se non spedite il richiesto". Don Luca acconsente. Il giorno dopo è già a Castelvetere; per niente rabbonito dalla buona cena, va in collera perchè al subordinato Nicola Tainbascia vede in testa il berretto da Guardia Nazionale; con un cenno brusco lo fa inginocchiare; Tambascia pensa tutt'al più di ricevere un sacco di legnate, ma invece si prende una gragnuola di colpi di fucile. Il medico legale, incaricato dalle autorità della perizia, appena entrato nell'obitorio dirà: "Che volete che faccia? D'accordo lo farò, ma il poveraccio è ridotto ad un colabrodo". Caruso è arrivato a Cercemaggiore; mentre con Schiavone mette in armi 90 uomini con l'obiettivo di puntare su Ielsi e S. Giovanni nel Molise, spedisce il 6 marzo 20 uomini della banda di Luciano Martino a Paupisi vicino Benevento per sequestrare il parroco del paese. I briganti tentano di portare via il prete mentre in chiesa è intento a celebrare la Messa, ma tanta è 1'indignazione della gente che finanche le signorine De Marco si mettono a sparare dalle finestre di casa, inducendo i paesani ad intervenire in difesa. Uno di loro, un tale Orazio, uccide un brigante, mentre gli altri 19 sono costretti alla fuga. Da Ururi (13), il Colonnello piomba in contrada Fontana della Vetica in tenimento di Morcone. Donna Mariantonia Bilotta quando si vede circondata da cento malandrini, non ha neppure la forza di pronunziare una frase di assenso. Con un cenno del capo autorizza i coltivatori del gran fondo a raccogliere tutta la biada necessaria per i cavalli (14). Dopo alquanto essersi riposato, Caruso con la scorta di nove accompagnatori, all'una di notte raggiunge la contrada Lorfoglieto sempre di Morcone e alla taverna di Francesco Falasca fa razzia di provvigioni ai danni dell'oste, di Beniamino Argenti, nonchè del carrettiere Vincenzo Schioppa. Ma ha in animo altro. Deve acciuffare Don Pasquale Florio De Maria di S. Croce di Morcone. Credeva di evitarlo durante la notte e scansarsi della taglia, ricoverandosi alla taverna? L'oste, bonario gli fa: "Avete preso il mio; che volete di più? Non c'è". C'è invece e lo prende. "Dunque voi venivate da Napoli, se volete ritornare a Morcone, scrivete sotto dettatura a vostro padre che sborsi 20.000 ducati. Tempo della consegna solo la mattinata di domani Il De Maria ha la prontezza di spirito di mostrarsi accondiscendente e frastornato. L'oste gli strizza l'occhio e profferendosi in inchini, versa abbondantemente da bere. De Maria riprende a sperare, nel mentre vede il Colonnello tracannare boccali senza risparmio. Profitta del sonno profondo degli ubriachi e si mette in salvo. Non trovandolo il giorno dopo, Caruso senza commenti, divide la comitiva in piccoli gruppi, per non dare troppo all'occhio. Qualcuno dei suoi, sarà pure avvistato e ci rimetterà le penne, ma è meglio non esporsi tutti insieme. Così a Palata (15) viene individuato ed ucciso il brigante Francesco Biacco, l'altro Giuseppe Pitta perchè da poco fatto prigioniero e costretto ad associarsi alla banda, è intestato al potere giudiziario (16). A Torremaggiore, i cui abitanti temono il Colonnello come l'Anticristo a cavallo, viene preso il brigante Enrico Pisani e immediatamente passato per le armi, mentre il compagno Michele Caposio è trascinato in paese; i militari eseguono la sentenza di morte nella pubblica piazza (17). Caruso scappa nel Molise; gli danno implacabile caccia dopo il truce episodio di Colletorto (18) nel corso del quale ha sequestrato ed ucciso Michelangelo Lanziti, bruciato il cadavere alla presenza della figlia quattordicenne Pasqualina, di poi da lui violentata (19). Un forte contingente di truppa e Guardie Nazionali per un totale di trecento uomini, lo sorprende alla masseria dei Moffa a Riccia (20). Muoiono i briganti Nicola Napoletano e Domenico Bruzzese (21). Caruso, rimessosi in viaggio, fa tappa di giorno nel bosco Botticella presso Fragneto Monforte (22), per poi riprendere al galoppo la strada verso la Puglia. Va a chiedere aiuto a Schiavone, Coppa, Sacchettiello, Andreotta e Pio per proporre loro una spedizione memorabile, avente lo scopo di sterminare le Guardie Nazionali di Morcone che non smettono le perlustrazioni contro di lui. Gli amici acconsentono e tuttavia dilazionano l'impresa. Non per niente hanno problemi anch'essi, braccati come sono in Puglia da squadriglie di Guardie mobili a cavallo. Nel mentre eluderanno le forze, provvederanno a ricomporre una gran bella banda. Nel contempo sparpagli gli uomini in azioni eversive, in modo da non lasciarsi localizzare. Una soffiata persuade Caruso ad incaricare elementi svelti ed efficienti ad impossessarsi del tesoro in oro dell'orefice Vincenzo Capuano da S. Bartolomeo in Galdo, da lui depositato presso i compaesani Nicolangelo De Falco e Pellegrino Gozzi. La sortita riesce anche perchè effettuata alle due del pomeriggio, ora insolita per i furti. De Falco supplica i malandrini a non mandare in rovina l'amico; non ottiene altro che 30 legnate (aveva avuto il tempo di numerarle) corrispondenti ad altrettanti invocazioni (23). Da tempo il generale Giorgio Pallavicini al comando delle truppe per la repressione del brigantaggio nelle province di Molise e Benevento, va dicendo che i grandi capi non si prendono mai durante la pugna a viso aperto, semmai con la delazione e quando privi di armi credono di essere al sicuro. Figurarsi se prenderanno Caruso, armi nella mano. Nella schiera ristretta delle alte gerarchie militari, Pallavicini si abbandona alle aperte confidenze, ammettendo che Caruso pur non avendo frequentato la scuola di guerra, sa elaborare piani geniali che realizza puntualmente con risparmio dì energie, 1'uomo giusto al punto giusto, nella cornice di quella natura locale conosciuta palmo a palmo. Il Prefetto di Foggia De Ferrari il 1° giugno 1863 emette apposito bando contro Schiavone, Caruso, Villano e Palumbo. Non per niente aveva ricevuto dal Ministero fondi appositi. Dunque promette un premio straordinario e fortissimo pagabile immediatamente "a chi contribuirà alla cattura di uno almeno dei briganti o di qualche complice. Colui che renderà tale servizio, se bandito e presentatosi, oltre il premio godrà della diminuzione della pena di un grado e sarà raccomandato alla grazia sovrana"

 

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