Sono, le soprascritte indicazioni, la sintesi di un dibattito che tra la primavera del 2010 e quella del 2011 animò la discussione culturale montecalvese.
In tale periodo, le due distinte ma attigue segnaletiche turistiche campeggiarono contemporaneamente davanti all’ingresso della Casa Comunale di Montecalvo Irpino per indicare l’età dello stesso reperto.
Una situazione tra il grottesco e il ridicolo che suscitava curiosità, ma anche sconcerto e incredulità. Cosa era successo? Molto semplicemente che in una revisione generale della datazione dei principali monumenti del paese e in seguito ad una mia consulenza che datava al XVI secolo il manufatto in questione, l’amministrazione comunale aveva provveduto a rettificarne la precedente cartellonistica che, di contro, lo datava all’epoca ellenistica.

 

SEKOMA
SEC. XVI
…………………………………….
SEKOMA
III-II SECOLO A.C.
[…]
ETA’ ELLENISTICA

A quel punto si sarebbe dovuto rimuovere il vecchio cartello, ma prima di farlo l’amministrazione comunale voleva l’autorevole parere della competente soprintendenza.
A tale effetto, con nota prot. n. 7180 del 17 agosto 2010 avente per oggetto datazione manufatto denominato «sekoma», l’ente comunale chiedeva ai sostenitori delle contrastanti tesi di relazionare per iscritto in merito alle loro argomentazioni. Acquisite le relazioni, con lo stesso protocollo, veniva formalmente richiesto il parere della Soprintendenza Archeologica per le province di Salerno, Avellino Benevento e Caserta.

Intanto, in attesa del responso, permanevano entrambe le indicazioni fino a quando, con nota del 04/04/2011, prot. Cl. 28.14.00/51, inviata al Comune di Montecalvo, alla Soprintendenza per i Beni Storici, Artistici e Etnoantropologici di Salerno e Avellino, nonché all’Ufficio Archeologico di Avellino, la Soprintendenza per i Beni Archeologici di Salerno, Avellino, Benevento e Caserta, poneva fine al dubbio dando la seguente risposta, regolarmente notificatami dal Comune di Montecalvo con lettera del 07/05/2011, prot. n.3915, avente per oggetto «Richiesta datazione manufatto denominato “Sekoma”»:

«IN RISPOSTA ALLA NOTA N. 7180 DEL 17/08/2010, QUESTA SOPRINTENDENZA, DOPO UN ACCURATO ESAME DEL REPERTO IN OGGETTO, NON EVINCE DATI SIGNIFICATIVI TALI DA CONSIDERARE LA COSIDDETTA “SEKOMA” UN MANUFATTO DI EPOCA ANTICA.
DA RISCONTRI EFFETTUATI PRESSO LA CONSORELLA SOPRINTENDENZA AI BENI STORICI E ETNOANTROPOLOGICI, SI PUÒ RITENERE CHE IL MANUFATTO SIA DI ETÀ MODERNA.
IL SOPRINTENDENTE
DOTT.SSA ADELE CAMPANELLI»

LA SOPRINTENDENZA AI BENI ARCHEOLOGICI, QUINDI, avendo escluso dalla sua autorità scientifica la possibilità di datare un manufatto che esulava dai periodi storici di sua competenza, AVEVA A SUA VOLTA RICHIESTO IL PARERE DELLA CONSORELLA SOPRINTENDENZA AI BENI STORICI ARTISTICI E ETNOANTROPOLOGICI CHE COLLOCÒ LA NASCITA DEL MANUFATTO AD UN PERIODO PERFETTAMENTE COMPATIBILE CON L’INDICAZIONE DEL XVI SECOLO DATA DAL SOTTOSCRITTO.

Ciò assodato, emersero malumori circa la denominazione del reperto: non più «Sekoma», a giudizio di chi aveva sostenuto la tesi avversa, ma «qualunque altro nome».
A questo punto, forte della consulenza già rivelatasi corretta, l’amministrazione comunale tenne la stessa denominazione che il giorno 28 maggio 2012 venne promossa, a pieni voti, dall’archeologa tedesca MARGRET LANGE, TRA I MASSIMI ESPERTI AL MONDO DEL SETTORE, IN VISITA A MONTECALVO.
LA DOTTORESSA LANGE, DOPO AVER PRESO VISIONE DELLA MIA RELAZIONE, NEL DARE CONFERMA DELLA GIUSTA DATAZIONE AL XVI SECOLO DEL BLOCCO LAPIDEO, NE CONFERMÒ ANCHE IL NOME “SEKOMA” IN RIFERIMENTO ALLA DENOMINAZIONE GRECA;
“MENSA PONDERARIA” IN RIFERIMENTO ALLA DENOMINAZIONE LATINA.

OLTRETUTTO LA LANGUE SI ERA GIÀ OCCUPATA DEL MONOLITE MONTECALVESE AVENDONE PARLATO NEL SUO LIBRO «MENSAE PONDERARIAE IN ITALIEN VERSUCH EINER BESTANDSAUFNAHME UND ANALYSE, DORTMUND, 2010», DEDICANDOGLI LE PAGINE 164 E 165.

Per quel che mi riguarda avevo sempre nutrito dei dubbi circa la vecchia datazione di quel blocco di pietra di cui ricordavo la collocazione, da bambino, nei pressi del fontanino di Piazza San Pompilio.

Ciò nonostante, non avendo analizzato il suo inserimento negli eventi storici montecalvesi, avevo riportato, in mie vecchie pubblicazioni, la tesi ellenistica senza omettere, comunque, il beneficio del dubbio auspicando, in proposito, «uno studio volto a collocare in modo più approfondito il reperto in questione nelle vicende della storia di Montecalvo» (Cfr. G.B.M. Cavalletti «Montecalvo dalle Pietre alla Storia», Avellino 1987, p. 116).

Il destro per tale approfondimento mi fu offerto dalla richiesta di una relazione storica per l’ottenimento del marchio I.G.P. del Pane di Montecalvo e, per la prima volta, ne avevo reso pubblico l’esito il 21 novembre del 2004, in occasione della fiera di Santa Caterina, in una relazione che, nelle vesti di consulente storico del Comune di Montecalvo Irpino, tenni al Cinema Pappano alla presenza del già Presidente del Senato della Repubblica Italiana Sen. Nicola Mancino, di lì a poco nominato Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura, e reiterata a Rimini il 16 aprile del 2011 nel corso della kermesse agro-alimentare promossa dall’Associazione Imprenditori Irpinia-Emilia Romagna.

Il resto della storia l’ho già raccontato.

Giovanni Bosco Maria Cavalletti.

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